Foglietto del 29 Settembre 2019

“UN MODO INIQUO DI ABITARE LA TERRA”

Una parabola dura e dolce, con la morte a fare da spartiacque tra due scene: nella prima il ricco e il povero sono contrapposti in un confronto impietoso; nella seconda, si intreccia, sopra il grande abisso, un dialogo mirabile tra il ricco e il padre Abramo. Prima scena: un personaggio avvolto di porpora, uno vestito di piaghe; il ricco banchetta a sazietà e spreca. Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell’inferno. Una domanda si impone con forza a questo punto: perché il ricco è condannato nell’abisso di fuoco? Di quale peccato si è macchiato? Gesù non denuncia una mancanza specifica o qualche trasgressione di comandamenti o precetti. Mette in evidenza il nodo di fondo: un modo iniquo di abitare la terra, un modo profondamente ateo, anche se non trasgredisce nessuna legge. Un mondo così, dove uno vive da Dio e uno da rifiuto, è quello sognato da Dio? Prima ancora che sui comandamenti, lo sguardo di Gesù si posa su di una realtà profondamente malata, da dove sale uno stridore, un conflitto, un orrore che avvolge tutta la scena. Di quale peccato si tratta? «Se mi chiudo nel mio io, anche adorno di tutte le virtù, ma non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi dischiudo agli altri, posso essere privo di peccati eppure vivo in una situazione di peccato» (Giovanni Vannucci).

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